Al di sopra dei paesi di San Cipirello e San Giuseppe Iato si erge il Monte Iato, alto 852 m e rivolto con lo sguardo verso la valle del fiume Iato, che probabilmente diede il nome ai luoghi.
Chiamato Iaitas dai greci, Ietas dai latini e Giato durante il Medioevo, il monte è caratterizzato dalla presenza di un pianoro che nei secoli permise lo sviluppo della città e il controllo delle vallate sottostanti.
Il Monte Iato racchiude in sé un tesoro, rimasto nascosto per secoli, che ci ha tramandato le tracce di duemila anni di storia della Sicilia occidentale. Abbiamo già parlato sia del sito che del progetto in passato (link all’articolo), continuiamo la nostra trattazione rivolgendo le nostre attenzioni alla parte storica.
Monte Iato, una storia di commistione e integrazione: dagli indigeni ai greci
Sembra che nei primi secoli del I millennio si siano insediati i primi indigeni di etnia incerta (elimi o sicani), probabilmente pastori e contadini, le cui tracce, fondi di capanne databili a partire dall’VIII secolo, in molti casi vennero distrutte dalle fondazioni di edifici di età greca.
Ricerche archeologiche hanno tuttavia portato alla luce frammenti di ceramiche piumate o impresse che rimandano a tali popolazioni indigene vicino a oggetti di chiara matrice greca a testimonianza della convivenza delle due culture per un certo periodo.
L’arrivo della cultura greca a partire dal VII a.C. ha modificato la zona dal punto di vista culturale e urbanistico. Particolarmente determinante fu la fondazione di Selinunte sul litorale sud-occidentale dell’isola, a brevissima distanza dal fiume Belice, che sicuramente ebbe un ruolo determinante nel favorire i rapporti tra le due civiltà e la diffusione di una nuova organizzazione degli spazi, nell’adozione di nuove tipologie architettoniche e costruttive (cit. “Per un’archeologia degli incontri: Sicani ed Elimi nella Sicilia Greca). Importanti testimonianze dell’influenza della cultura greca a Monte Iato furono ad esempio, il tempio di Afrodite, probabilmente costruito intorno al 550 a.C., nonché la casa tardo-arcaica, con ambienti gravitanti intorno ad un cortile centrale e le mura di fortificazione.
Dallo splendore dell’età ellenistica, al declino in età imperiale
A partire dal IV secolo a.C., in età ellenistica, la cultura greca prese il pieno sopravvento: le strade, gli edifici pubblici, le case signorili iniziarono a rispecchiare pienamente i canoni dell’urbanistica e dell’architettura greca. Risalgono al nuovo impianto una strada principale che tagliava la città da Est a Ovest, l’agorà monumentale circondata da edifici pubblici, i quartieri residenziali costituiti da case signorili a peristilio e un teatro, che poteva ospitare circa 4.400 posti, con statue di Menadi e Satiri che decoravano l’edificio scenico e vista sulla vallata sottostante che rimandava al profondo interesse dei greci per la cultura.
Dopo i greci giunsero i romani che proseguirono un primo periodo di splendore, come testimoniato dalle bellissime ceramiche da tavola e dalle svariate anfore che attestano la presenza di contatti commerciali con l’Africa, la Spagna e parte orientale dell’Impero. Tuttavia il declino della zona ebbe inizio proprio nell’età imperiale romana caratterizzata da una scarsa attività edilizia e da abitazioni in rovina probabilmente a causa dell’incursione dei Vandali avvenuta intorno al V secolo.
La fine della storia di Monte Iato: lo scontro finale tra Federico II e i musulmani
Nel Medioevo la presenza dei bizantini è testimoniata principalmente da monete con l’immagine degli imperatori Leone III, Leone IV e Costantino V.
L’anno 827 segna il passaggio della zona ai Musulmani e la fine del dominio bizantino. Quando nei primi decenni del XIII secolo, scoppiarono le rivolte delle popolazioni musulmane contro la dinastia sveva, Giato (nome della città in età arabo-normanna) divenne uno dei baluardi della sedizione. Nel corso dell’assedio di lato Federico Il riuscì anche ad avere nelle sue mani l’emiro ribelle Muhammed ibn Abbad.
Infatti parrebbe che l’emiro, abbandonato da una parte dei suoi, si sia consegnato all’imperatore chiedendo di avere salva la vita. Una fonte araba al-Himyari, riferisce però che l’emiro, dopo la falsa promessa di essere condotto sano e salvo per nave in Africa, sarebbe stato gettato in mare. Quando nel 1246 Federico Il riuscì a sconfiggere i musulmani definitivamente, distrusse la città. La popolazione scampata alla guerra fu deportata a Lucera in Puglia e da quel momento il sito venne definitivamente abbandonato.
Articolo scritto da: Gabriele Pecorella 1A CAT
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