Celebriamo come ogni anno il giorno della memoria nella speranza che la storia, i fatti accaduti, le tante testimonianze sopravvissute, abbiano qualcosa da insegnare. Celebriamo questo giorno non perché lo consideriamo una ricorrenza annuale, ma perché ci crediamo e ne rispettiamo sommessamente il suo valore.
Tutti i ragazzi del Rutelli ieri, docenti compresi, hanno dedicato il giorno della memoria, oltre al ricordo della persecuzione operata dai movimenti nazionalistici alle minoranze etniche e alla diversità in generale, per dialogare e dibattere su quello che è accaduto e su quanto sta accadendo oggi. In alcune classi il dialogo si è trasformato in una sorta di dibattito anche all’insegna dell’educazione civica, sostanzialmente è stato un momento, mettendo da parte libri, casacche e ruoli, per dialogare con i nostri ragazzi.
Il dialogo in classe, questo momento così inatteso e improvvisato, trasforma la lezione in una sorta di briefing di gruppo. La necessità di parlare, di ascoltare questi giovani, che troppo spesso e quasi sempre trovano come unico compagno il proprio cellulare, porta anche noi docenti ad adottare queste strategie, “perché da soli non parlano”.
Da soli non parlano, celebriamo il silenzio, un silenzio quasi sempre visibile perché trasuda sofferenza!! E allora, proprio per non essere soli e vivere in solitudine questa sofferenza interiore, proprio questa condizione porta tutti a parlare e a far parlare, perché nel dialogo c’è la liberazione, la libertà.
Proprio quella libertà che venne imprigionata, derisa, mortificata e assassinata nei campi di concentramento e nelle persecuzioni. Propri lì non ci fu mai dialogo ma imposizione, non ci fu ascolto ma silenziosi e muti lamenti di sofferenza.
Proprio questa muta sofferenza oggi rappresenta l’ennesimo male. I ragazzi oggi soffrono così. Altre generazioni soffrirono in modo diverso sicuramente, ma oggi chi soffre esprime il proprio così il proprio dolore interiore; un dolore solitario accompagnato sempre dal cellulare visto come unico compagno di avventure. Ma non è così!! Si è soli ugualmente.
La solitudine uccide allo stesso modo di una “Luger P08 Wehrmacht”, la pistola dei nazisti. Oggi la solitudine è il nemico numero uno, un nemico silenzioso che ti corrode dentro e ti porta pian piano a morire pensando che tu sei l’unico, facendoti credere che tu non hai bisogno di niente e di nessuno. La solitudine uccide, ti azzera la vita sociale che oggi è sempre più azzerata dai social che ti fanno credere di fare parte di una rete ma in realtà sprofondano il tuo io sempre più nel baratro della solitudine perché ti fanno aggrappare a un “like” ricevuto. Ma sei tremendamente solo e non ti accorgi di questa lenta caduta libera.
Ieri al Rutelli non abbiamo spiegato ma abbiamo ascoltato!! Abbiamo ascoltato tante cose, che troppo spesso e quasi sempre non sono prese in considerazione. Abbiamo ascoltato i nostri ragazzi e noi docenti, ancora una volta, siamo diventati studenti.
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